IL CASTELLO SVEVO – sec. XIII
Il Castello occupa la parte più alta della Città sulla quale esisteva un torrione normanno e il duomo teodosiano. L’imperatore Federico II requisì quell’area donando al vescovo Peregrino I il “Colle del Vaglio” dove oggi si erge l’attuale Basilica Cattedrale. Nella costruzione del castello, fu distrutto il duomo teodosiano e incorporato il donjon normanno, dando una forma triangolare con il vertice rivolto a nord. Nel corso dei secoli, a causa delle incursioni e delle guerre, il castello dovette subire molti interventi di consolidamento e, con gli Angioini ne fu modificata la struttura dove vennero aggiunte le torri cilindriche. Altri interventi furono apportati tra il XIV e XVII sec. dal Principe di Taranto Raimondello Orsisi, da G.Antonio del Balzo Orsini e dai Marchesi Imperiali. Dopo un lungo periodo di abbandono e dopo il ciclone del 1897 che creò non pochi danni, il castello, il 15 dicembre 1933, fu ceduto dal Comune di Oria alla famiglia Martini Carissimo, ricevendone in cambio Palazzo Martini, poi adibito a Sede Municipale. I Conti Martini Carissimo restaurarono amorevolmente il castello con competenza scientifica dando la direzione dei lavori all`architetto Carlo Ceschi. In considerazione dello sforzo profuso dalla famiglia Martini Carissimo, il Re d`Italia Vittorio Emanuele III, volle conferire a questa famiglia il titolo di “Conti di Castel d`Oria”.
La forma triangolare del Castello è adattata alla conformazione del colle ed ha una superfice di circa 4500 mq con quattro torri mentre il cortile occupa un’area di circa 3500 mq dove al suo interno si trova la Cripta dei SS. Crisante e Daria risalente al IX sec. voluta dal Vescovo Teodosio per accogliere le reliquie dei primi protettori della Città. La “Torre Quadrata” sita alla punta settentrionale del maniero detta “dello sperone” è probabilmente riferibile al periodo svevo, al XII-XIII sec. la sua forma alta e svettante era particolarmente adatta alla difesa con arco, infatti sulla faccia di tale torre sono presenti alcuni fori, utilizzati da chi si difendeva. Tale torre faceva parte della difesa “avanzata” del castello, seppur il lato del castello era già ben protetto naturalmente dalla collina scoscesa. A differenza del lato opposto molto meglio curato nella difesa che dava verso il centro cittadino. La torre è dotata di piccoli beccatelli e merlatura “guelfa”.
Nella zona meridionale del castello è posto il “ Mastio o Donjon” probabilmente di epoca normanna, che trova riscontri nel mondo anglo sassone e normanno, la struttura normanna però non rappresenta altro che un inizio su cui furono effettuate numerose modifiche nel corso dei secoli sin dal periodo svevo, per poi passare all’età tardo medievale. Il basamento di tale imponente torrione risulta scarpato per essere meglio difendibile dall’alto e non attaccabile dal basso, se non con l’ausilio delle artiglierie. Infatti il margine esporebbe eventuali arcieri o balestrieri più facilmente al tiro degli assediati. Questo tipo di torrione scarpato, ha numerosi paragoni anche nel Salento, come ad esempio nei castelli di Mesagne e Galatone solo per citarne due. Anche il mastio è dotato di beccatelli. La struttura dal tardo quattrocento in poi si dotò di mezzi per la difesa\attacco con le armi da fuoco. È probabile che tale nucleo del castello possa rappresentare il primo nucleo del maniero oritano, accanto a cui in seguito si sviluppò tutto l’edificio difensivo. In un primo momento come in altri casi: Castello di Lecce, Castello di Copertino, Galatone, Mesagne ecc… Il torrione doveva essere un unico edificio difensivo isolato cui si accedeva tramite ponte levatoio. Una traccia di ciò potrebbe essere una porta oggi murata dove forse poteva avvenire l’accesso in origine. L’interno è separato da un muro che crea due ambienti con archi a tutto sesto.
Sulle pareti sono ancora visibili i buchi delle impalcature utilizzate per la costruzione del castello e i resti di un caminetto, ciò ci indica la presenza di un secondo piano del torrione poi evidentemente demolito. Le due Torri circolari,dette “del salto” e “del cavaliere” sono di età angioina, entrambe sono dotate di beccatelli che probabilmente reggevano un cammino di ronda in legno e oggi del tutto scomparso. Le due torri circolari sono collegate da uno stretto passaggio la cui base, risulta scarpata e sulla sommità sono presenti i posti in cui nel tardo medioevo veniva collocata l’artiglieria pesante. Su una di tali torri è scolpito lo stemma della famiglia Imperiali. Va sottolineato che la zona Sud del maniero risulta molto meglio difesa del resto della “fortezza” questo perché era il punto più vulnerabile (qui la collina era meno scoscesa) e più esposto agli attacchi in quanto era quello a più diretto contatto con il centro cittadino. Una leggenda accompagna la cosiddetta “torre del salto” così denominata poiché, una dama causa un corteggiamento non gradito e la successiva costrizione al matrimonio, decise di gettarsi dalla torre togliendosi la vita ed, inoltre, è da collegare alla più famosa ed antica leggenda di “Oria fumosa”.L’altra torre circolare è così denominata per motivi architettonici, atteso che le torri circolari che si fondevano con un muro erano denominate a cavaliere. Dal 2007, il Castello è di proprietà della Famiglia Romanin-Caliandro.
PALAZZO MARTINI – sec. XVIII (Piazza Domenico Albanese)
Il Palazzo tipico esempio di architettura barocca del XVIII sec. diffusa nel Salento. Fu commissionato nel 1762 dall’abate gesuita Giuseppe Nicola Carbone e, alla morte di questo, fu ereditato dal Capitolo della Cattedrale. Nel XIX sec. ne divenne proprietaria la nobile Famiglia Martini Carissimo che lo tenne sino al 1933, anno in cui fu ceduto al comune per ricevere in permuta il Castello svevo. Per la sua maestosità divenne sede del Municipio ospitando,anche,gli uffici comunali sino al 1985. In seguito al trasferimento nella nuova sede del Municipio(Via Epitaffio), il Palazzo restaurato, ospita il museo della civiltà messapica ed è sede di rappresentanza della Città.
IL SEDILE – sec. XVII (Piazza Manfredi)
Il Palazzo ha la forma di una torre quadrata in stile barocco-rinascimentale e risale al XVIII sec., fu costruito con l’apporto finanziario del Marchese di Oria ,Michele III Imperiali e voluto dal Sindaco Nicola Martini. Fù sede dei Decurioni e viene indicato come “seggio dei nobili”. Per molti anni è stato sede della Polizia Municipale, mentre oggi ospita l’ufficio di informazioni turistiche del GAL. Caratteristica è la facciata, movimentata soprattutto nell’impostazione dei piani che assomiglia ad una costruzione religiosa sui cui lati primeggiano le statue di San Barsanofio e San Carlo Borromeo.
LE PORTE DELLA CITTA’
La PORTA DEGLI EBREI (Piazza Donnolo) detta anche Porta Taranto o Piazzella. E’ denominata degli Ebrei perchè attraverso di essa si accedeva al quartiere ebraico, particolarmente fiorente tra il IX e l’XI sec. per la presenza di una importante comunità. Fu costruita pare,intorno all’anno 1000, e ricostruita nel 1433 dal principe Giovanni Antonio Orsini-Del Balzo. Sulla facciata in stile baroccheggiante sono impressi tre stemmi e sulla sommità si erge la statua dell’Immacolata risalente al XIV sec.
PORTA MANFREDI (Piazza Manfredi) detta anche Porta Lecce o degli Spagnoli, per ricordare l’entrata delle truppe spagnole del Capitano Pedro de Paz dopo l’assedio alla città del 1504. Fu costruita nel 1727 dal marchese Michele III Imperiali. La maestosa porta, in stile tardo barocco, presenta nella parte superiore una lastra incisa con i dati della costruzione ed aveva tre statue di cui due abbattute dal ciclone del 1897 e un’altra rimossa nel 1958 perché pericolante. La porta era, anche, ornata da tre stemmi ,dei quali è rimasto solo quello raffigurante Oria mentre gli altri raffiguravano Lecce e gli Imperiali.
PARCO MONTALBANO – Sec. XVIII (ingresso da Via R. Lombardi e Via G. D’Oria)
Il parco è situato ai piedi del Castello Svevo, fu voluto dai Padri Celestini verso il 1700 che lo trasformarono in un ambiente ricco di vegetazione con piante ed alberi esotici. Nel 1807 passò in proprietà della Mensa Vescovile e nel 1868 fu venduto all’asta pubblica e comprato dalla Famiglia Salerno-Mele che lo abbellì ed ingrandì nel 1874 acquistando un giardino adiacente delle Suore Benedettine. Poi passo nella proprietà della Curia Vescovile dove Mons. Alberico Semeraro realizzò al suo interno una costruzione, a due piani, per le esigenze della Chiesa diocesana e incrementò il verde con nuove piante. Il Parco nel 1982, non più rispondente alle esigenze della Curia Vescovile, fu acquistato dal Comune di Oria. Oggi il Parco è collegato tramite una torretta sottostante la Torre dello Sperone, al Parco denominato “Sabba” (via G.D’Oria), acquistato recentemente dal Comune. L’intero parco è un giardino a terrazzamenti con percorsi guidati e dove tramite una serie di scalinate si accede alla passeggiata posta alla base del Castello che collega la Torre del Salto a quella dello Sperone permettendo al visitatore di godere un’incantevole panoramica della Città. Il parco, è stato recentemente risistemato e restaurato riportandolo agli antichi splendori con un nuovo impianto d’illuminazione, con la messa a dimora di alberi e piante e con il ripristino di vari percorsi guidati ed è interamente visitabile.
BASILICA CATTEDRALE “MARIA ASSUNTA IN CIELO” – sec. XVIII Via Renato Lombardi-Piazza Cattedrale) Tel. 0831845008
La Basilica si erge sul Colle del Vaglio. Anticamente in questo luogo,nel XIII sec.,si trovava la cattedrale romanica voluta dal Vescovo Peregrino I. La cattedrale indebolita dall’apertura di nuove cappelle barocche e danneggiata dal terremoto del 20 febbraio 1743, fu demolita ed edificarne una nuova nel 1750 dal Vescovo di Oria Mons. Castrese Scaja. Due colonne del tempio furono acquistate per ottomila ducati per abbellire la cappella della Reggia di Caserta dal Re Carlo III di Napoli, il cui ricavato permise l’inizio deli lavori. Marmi, colonne, capitelli, mensole,sculture e vari resti della cattedrale romanica sono visibili nell’atrio del Palazzo Vescovile. La nuova chiesa in stile barocco, fu iniziata ed ultimata dal Vescovo Francesco Antonio De Los Reyes ed aperta al culto intorno al 1756. Spicca la facciata in carparo locale sulla cui sommità è mancante della cimasa crollata durante il ciclone del 1897. A sinistra si erge la torre dell’orologio e dietro la torre campanaria. Il tutto è poi dominato dalla superba cupola rivestita da mattonelle policrome. All’interno presenta una pianta a croce latina divisa in tre navate. Si possono ammirare pregiati marmi e stucchi,quattro preziosi candelabri in bronzo e artistiche statue tra le quali quelle dei Santi Medici di scuola veneziana e quella del protettore della Città, San Barsanofio di Gaza di scuola napoletana. Notevoli tele di vari autori pugliesi decorano gli altari, il presbiterio e le cappelle laterali dove si possono ammirare i quadri di scuola romana del XVIII sec. della Passione di Cristo e della Vergine acquistati dall’Abate G.Nicola Carbone. Durante i restauri sono state scoperte delle cripte servite come tombe per i Vescovi della Diocesi ed ossari. Oggi le cripte possono essere visitate dove sono conservati suppellettili di arte sacra, reperti archeologici ed un presepe ambientato nella città di Oria. La Cattedrale per volere di Sua Santità Giovanni Paolo II, nel 1992 fu elevata a Basilica Pontificia Minore. Attraverso la cappella del battistero, si giunge nell’Oratorio dell’Arciconfraternita della Morte dove si possono ammirare le statue raffiguranti i Misteri della Passione che vengono portate in processione il venerdì santo. Attraverso una ripida scala si accede alla “cripta delle Mummie”, un oratorio del Cinquecento nelle cui pareti sono state ricavate delle nicchie nelle quali vi sono i cadaveri mummificati di confratelli di varie epoche.
CHIESA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI – sec. XVIII (Via Senatore Martini) Tel. 0831845363
Nel 1219 Francesco d’Assisi ritornando dall’Oriente si fermò in Oria dove ricevette in dono, fuori le mura della Città, la chiesa basiliana dedicata a Santa Maria delle Grazie o di Costantinopoli con attigui terreno. Qui fondò un convento per i suoi seguaci tra i quali è annoverato il Beato Francesco da Durazzo che rimase in Oria sino alla sua morte(1305) le cui spoglie, conservate in questa Chiesa, vengono esposte ed onorate la domenica “in Albis”. Col tempo la Chiesa non più adatta per le esigenze di culto, fù demolita e ricostruita nel 1437 dal Principe di Taranto e Signore di Oria,Antonio Del Balzo Orsini e a testimonianza di ciò rimane una lapide posta nel muro esterno della Chiesa. Originariamente quasi del tutto affrescata,ebbe a subire vari rimaneggiamenti con modifiche ed aggiunte. Di questa seconda costruzione restano il muro di prospetto con il portale murato e tre nicchie.Ma anche questa costruzione nel 1774 venne abbattuta per dar luogo all’attuale chiesa che fu completata nel 1785 orientata verso sud. La facciata è baroccheggiante,formata da una parte centrale prominente a due ordini sovrapposti : inferiore di stile corinzio e superiore di stile composito. La parte centrale era sormontata da due volute che si racchiudevano al centro dove sorgeva una cimasa che vennero distrutte durante il ciclone del 1897. La pianta è a croce latina avente i bracci dei due tronchi tagliati in parti uguali il cui incrocio è sormontato da una cupola senza tamburo. La vasta navata è affiancata da cappelle laterali decorata con snelle lesene,con capitelli compositi e coperta da una ariosa volta a botte lunettata. Le quattro cappelle sono dedicate al Beato Francesco da Durazzo,a Sant’Antonio,a San Giuseppe e al Battesimo di Gesù. All’angolo del presbiterio, si può ammirare un baldacchino in legno che custodisce la statua in cartapesta del XVIII sec. di San Francesco d’Assisi. Nel transetto,una di fronte all’altra, la tela della “Indulgenza della Porziuncola”, sec.XVIII e la tela della “Immacolata Concezione”, sec.XVIII. Sul presbiterio,in una maestosa edicola detta della “Crocifissione”, vi è posto un maestoso Crocifisso del XVII sec. Dietro l’edicola vi sono i resti delle due chiese precedenti: un affresco del sec.XIII raffiugurante San Bonaventura ed un altare barocco in pietra leccese del sec. XVII. Nel cortile attiguo alla sagrestia, è visibile l’arco absidale,gli archi laterali e tracce di affreschi della chiesa rinascimentale. Dal 1977 la Chiesa conserva il “Gruppo litico della Pietà “ costituito da cinque statue del sec. XV di autore ignoto. Nel giardino attiguo,riaperto al pubblico in occasione del Giubileo 2000,tra un rigoglioso aranceto sono collocate la statua seicentesca in pietra dell’Immacolata, la statua di San Francesco e la statua del Beato da Durazzo.
LA CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA – sec. XIII-XVIII (Via Renato Lombardi) Tel. 0831845008
La Chiesa e il Convento dei Padri Celestini venne eretta nel 1344 dalla Baronessa Filippa di Cosenza, vedova del Barone Guglielmo A. di Fragagnano. Nel 1613 la costruzione romanica venne inglobata in un grande complesso barocco progettato dai PP. Celestni. Antistante la Chiesa vi era un vasto piazzale, chiuso da grandi archi e da una maestosa porta d’ingresso dove in memoria della bella Salomé, si svolgeva un ballo pubblico durante la notte del 23 giugno, al quale intervenivano molte fanciulle dei paesi vicini. Tale usanza fu definitivamente vietata durante il Marchesato dei Borromeo. La facciata barocca, addossata alla facciata trecentesca, si presenta tripartita da paraste corinzie, su due ordini, su cui spicca un grande portale a timpano triangolare con pinnacolo a braciere, sormontato da uno stemma scolpito. Ai lati del portone due nicchie che ospitano due statue acefale. L’ordine superiore ha al centro tra due finestre, un drappo con scritta testimoniale; al di sopra troviamo un timpano triangolare aperto mancante di cimasa e sostituito da una croce ferrea. L’interno è a navata unica con volte a crociera poggianti su colonne a lesene corinzie; all’incrocio col transetto che contiene due altari vi è una cupola. Spogliata da ogni arredo sacro e priva dell’altare maggiore, i restauri hanno portato alla luce interessanti affreschi, un rosone ed altri elementi della chiesa romanica. La sagrestia a volta lunettata contiene alcune statue barocche. Nel 1912 l’attiguo convento dei PP. Celestini fu demolito per costruire la scuola elementare “E. De Amicis”. Unica testimonianza rimasta è un balcone di stile barocco ricostruito nel cortile interno della scuola ancora visibile. Oggi la chiesa, non adibita più al culto, ospita mostre ed incontri culturali.
CHIESA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA – sec. XVI e CRIPTA DI SAN BARSANOFIO – sec. IX (Via Dragonetti Bonifacio)
La Chiesa con l’attiguo Convento furono costruiti tra il 1579-1582 per proteggere l’ipogeo teodosiano dalla infiltrazione delle acque.
In precedenza la Chiesa era dedicata a S.Barsanofio,perché ivi era stato deposto il suo corpo dopo la prima traslazione. La Chiesa era officiata dal Capitolo Cattedrale. Qui i nuovi Vescovi di Oria indossano, ancora oggi, i paramenti sacri prima di entrare in Città e prendere possesso della Diocesi. La Chiesa fu affidata ai Minimi di S.Francesco di Paola che vennero in Oria tra il 1601 e il 1617, chiamati dal Vescovo Lucio Fornari, per officiare la Chiesa e vi rimasero fino al 1806. Scacciati dalla legge napoleonica, furono sostituiti verso il 1850 per volontà di Mons. Margarita dai Padri Carmelitani che restarono sino al 1866. Nel 1897, Mons. Teodosio M.Gargiulo, coadiuvato dalle spontanee elargizioni dei fedeli, comprò dal demanio l’antica chiesa,sotto cui vi è la cripta,ove il Vescovo Teodosio depose il corpo di S.Barsanofio. L’interno è a navata unica con altari laterali di tipo barocco incastonati in archi asimmetrici. Di notevole interesse sono le statue e le tele conservate: una pala(sec.XVIII) del Tatulli che raffigura la gloria di un frate Paolotto; “S.Maria Maddalena Penitente” di P.Bianchi(1773); “S.Michele Arcangelo” di G.Bianchi(1732);statua litica di S.Giuseppe(sec.XVIII); un affresco cinquecentesco raffigurante “S.Barsanofio morto”;statua litica di S.Francesco di Paola(sec.XVIII);statua litica Madonna col Bambino(sec.XV);statua litica di S.Barsanofio(sec.XIV). Il Vescovo Teodosio depositò nell’ipogeo di questa Chiesa risalente al IX sec., le spoglie di S.Barsanofio che a seguito delle incursioni e devastazioni dei Saraceni tra il 924-979 fu perduta ogni traccia del luogo preciso ove giaceva il sacro feretro. Nel 1170 un pio sacerdote di nome Marco,riuscì ad identificarlo per una rivelazione dello stesso Santo. Il tempietto venne,così ristrutturato e lasciato aperto al culto dei fedeli. Durante l’occupazione francese l’ipogeo,ridotto in pessimo stato,fu murato e abbandonato. Mons. A.M.Kalefati restaurò la cripta nel 1783 e la riaprì al culto dei fedeli. Per opera di Mons.T.M.Gargiulo, la cripta e la chiesa vennero restaurate e, mentre nella cripta si erigeva un altare,per una frana,fu scoperto il loculo ove erano collocate le ossa di S.Barsanofio. Mons. Gargiulo riaprì al culto la cripta e vi pose una lapide che ricordava l’avvenimento del Vescovo Teodosio.
CHIESA E CONVENTO DI SAN DOMENICO – sec. XVI (Piazza Lorch anticamente S. Domenico) tel. 0831845364
La presenza dei Domenicani in Oria risale intorno al 1280 ove si erano stabiliti nel Monastero dei Calogeri Basiliani(S.Domenico Vecchio) in Piazza Manfredi. Nel 1572 si trasferirono nel nuovo e più grande convento fuori Porta Lecce, accanto al quale, edificarono la Chiesa dedicandola a S.Maria delle Grazie. La Chiesa fu restaurata tra il 1765 e il 1775, mentre il convento abbandonato dai Domenicani nel 1809, passò al demanio che lo cedette nel 1831 all’arcidiacono G.R. Lombardi, che lo adibì a centro sociale istituendovi il “Ritiro M. Immacolata”,per ospitare donne nubili orfane e povere. La chiesa, perché dichiarata utile al popolo, rimase aperta al culto. La facciata originaria pur modificata nel 1765 dal tarantino Saverio Amodio, rimase inalterata sino al 1897, quando venne radicalmente trasformata in stile neoclassico. La facciata è impostata su due ordini di paraste sovrapposte, in stile dorico e corinzio con la parte centrale lievemente avanzata. Il portale è sormontato da un timpano semicircolare che contiene una scultura raffigurante il cane con un libro,simbolo dei domemicani, e da un elegante finestrone. L’interno,a croce latina,con volte a crociere, ha un’unica navata su cui si aprono tre cappelle per lato, di cui quelle a sinistra furono aggiunte nel 1700, inglobando parte del chiostro, mentre quelle di destra sono d’impianto originale.
All’interno,da destra,troviamo la cappella della “Presentazione al Tempio” con un fastosto altare barocco in pietra leccese del 1670,laccato in oro nel 1701 con tela di G. Zullo;la Cappella di S.Anna con la tela della “Natività della Vergine”(sec.XVII);la cappella del SS.Sacramento con altare seicentesco e tela raffigurante “l’Ultima Cena” di autore ignoto. Nel transetto insistono due imponenti e monumentali altari in pietra leccese, riccamente decorati attribuiti a G. Cino e datati intorno al 1718. Gli altari contengono rispettivamente le tele di S.Domenico e la tela della Madonna del Rosario e la visione di Lepanto di Pio V. L’abside contiene tre tele quadrilobate che raffigurano “L’Annunciazione”,”La Pentecoste”,”L’Assunzione di Maria”. Proseguendo verso la porta troviamo la Cappella del Cuore di Gesù,con tela della “lavanda dei piedi” di ignoto;la Cappella di S.Vincenzo Ferrer con dipinto di D.Bianchi del 1734,raffigurante il Santo domenicano;infine la cappella del Crocifisso. Nella sagrestia sono conservate pregevoli opere pittoriche, mentre interessante è il Chiostro dell’antico convento attiguo alla chiesa.
LA CHIESA E IL CONVENTO DI SAN BENEDETTO – sec. XIII – XIX (Via Castello) tel. 0831845117
La Chiesa ,secondo lo storico oritano D.Tommaso Albanese fu costruita nel 1115 insieme al Monastero ed era intitolata a San Barbato. L’antica Chiesa non più idonea al culto perché pericolante, venne abbattuta e ne fu ricostruita un’altra tra il 1847 e il 1850 per iniziativa del vicario capitolare Don Cosimo Lombardi con i fondi della mensa vescovile,allora vacante per la morte di Mons.G.Domenico Guida. Dell’antica chiesa rimane solo il campanile dalle eleganti balaustre seicentesche a traforo. La nuova chiesa, in stile neoclassico,venne dedicata a “S.Maria del Ponte” di cui si conserva una tela realizzata nel 1857. facciata si presenta a due ordini sovrapposti con fastigio curvilineo. L’interno a navata unica,con transetto accennato,è illuminata da un’ampia cupola. Tutt’intorno alle pareti è posta una balconata a grate sorretta da varie colonne con capitelli ionici, mentre la pavimentazione,di scuola napoletana, è composta da mattonelle di ceramica smaltata. Nella Chiesa sono conservate varie opere pittoriche di notevole pregio, tra cui alcune provenienti dalla vecchia Cattedrale.
Il Convento delle Suore Benedettine fu costruito nel sec. XVII sulle rovine di quello eretto dalla Principessa Costanza. Quest’ultima vittima di una congiura ordita dai feudatari pugliesi contro di lei, a seguito della morte del marito il Principe normanno Boemondo I,dopo essere stata liberata, si rifugiò ad Oria. Arrivata ad Oria, la Principessa dimorò nel maniero normanno, presso il quale fece erigere il Monastero delle Benedettine, anch’esso, sotto il titolo di S.Barbato, il grande Arcivescovo che aveva retto la Chiesa di Benevento negli anni della conversione dei Longobardi alla fede cristiana. Tra il 1791 e il 1793, le benedettine acquistarono i fossati, il terrapieno e le due torri con la base del Castello poichè con loro confinante.
Con la caduta del Regno Borbonico, il nascente Stato Italiano incamerò nel suo patrimonio il monastero e la Chiesa delle benedettine(1866). Nel 1869 il Comune di Oria veniva in possesso del Castello compreso il Monastero. Tra il 1903-1904 il Consiglio Com.le deliberava di destinare i locali del monastero ad opere di pubblica utilità. Nel 1906 il Dott. B.Errico chiedeva ed otteneva dal Comune di Oria, l’uso gratuito del monastero da destinare alla formazione delle ragazze di Oria. Nel 1909 giungeva ad Oria, a seguito del terremoto di Messina, Padre Annibale M. Di Francia che chiese ed ottenne dal Dott. Errico,con l’assenzo del Vescovo,il monastero per le Suore Figlie del Divino Zelo. Nel monastero si trova ancora arredata la stanza ove visse il Santo P. Annibale contenente varie reliquie e suoi indumenti mentre al lato del portale d’ingresso è posto il suo busto marmoreo(sec.XX). Oggi, il convento continua ad ospitare le Suore Figlie del Divino Zelo nelle loro varie opere di accoglienza ed assistenza amorevole verso i bambini e le ragazze in difficoltà.
SANTUARIO DI SANT’ANTONIO – sec. XVIII c/o Ist. PP. Rogazionisti (Via Annibale M. Di Francia) tel. 0831848106
Tra il 1664-1666 fu costruita su una delle grotte basiliane ivi esistenti una Chiesa dedicata a S. Mauro per volere del Vescovo R. Palma. Il Vescovo De Los Reyes affidò la Chiesa ai Padri Alcantarini con il compito di mantenervi il culto religioso. I Padri vennero in Oria nel 1761 e nel 1770 iniziarono i lavori di una nuova chiesa con annesso convento per volere del Marchese Andrea II Imperiali.
La Chiesa venne allungata e allargata con la costruzione della navata sinistra e i lavori terminarono nel 1783. La chiesa e il convento vengono chiamati “di San Pasquale” dagli oritani poiché gli Alcantarini diffusero il culto di S. Pasquale Baylon, devoto dell’Eucaristia.
Nel 1866 i Padri Alcantarini abbandonarono il convento che passò al demanio e nel 1877 venne acquistato dalla Famiglia Salerno-Mele che lo cedette a Padre Annibale Maria Di Francia, Fondatore dei PP. Rogazionisti, giunto in Oria nel 1909 a seguito del terremoto di Messina per dare asilo ai suoi orfanelli. La Chiesa fu ampliata con una terza navata; il convento venne ingrandito e modificato e si riaprì al culto la grotta sottostante. Nel 1947 la chiesa, già dedicata a Sant’Antonio, fu eretta a Santuario e l’intero complesso, retto ancora tuttora egregiamente dai PP. Rogazionisti, ospita il Seminario Rogazionista, un Centro Educativo per ragazzi(C.ED.RO.), una Scuola di formazione professionale (CIFIR) e varie attività pastorali e culturali. Nella parte più antica del convento si trovano le stanze in cui visse il Fondatore, Padre Annibale, canonizzato il 16 maggio 2004. La facciata della chiesa è in stile tardo-barocco con la parte centrale impostata su due ordini, divise da quattro paraste, corinzie quelle inferiori e doriche quelle superiori. In alto è completata da una cimasa sovrastante il rosone. Sul piazzale antistante è posizionata la statua del Fondatore, realizzata nel 1958 dallo scultore Giovanni Ferrari. L’interno è a tre navate con volte a crociera. La navata centrale si collega alle laterali attraverso cinque arcate, mentre sei colonne doriche marmoree sostengono il catino absidale, che contiene l’altare maggiore con la statua di Sant’Antonio. La chiesa, riccamente decorata, contiene varie opere pittoriche sulla vita di Sant’Antonio realizzate da artisti contemporanei. Nelle navate sono sistemati gli altari di S.Michele Arcangelo, dell’Addolorata, di S.Teresa del Bambin Gesù, dell’Immacolata, di S. Mauro (statua lignea del XVII sec.), di S. Giuseppe, di S. Annibale M. Di Francia e del Cuore di Gesù e le statue lignee di S.Francesco d’Alcantara e di S.Pasquale Baylon. Notevoli anche il pulpito ligneo in noce e il bancone della Sagrestia, opera delle maestranze e della Scuola di Arti e Mestieri dell’Istituto. Sovrastante il portone d’ingresso, su un’ampia cantoria lignea, è ubicato uno splendido organo a canne del 1930.
LA CRIPTA DI SAN MAURO ABATE – sec. VIII – IX c/o Ist. PP. Rogazionisti (Via Annibale M. Di Francia) tel. 0831848106
La Cripta di origine bizantina, scavata nella roccia, fa parte di quelle prime chiese utilizzate dai Monaci Basiliani di rito greco e poi riutilizzate dai Monaci Benedettini che giunsero in Oria con i Normanni portando il rito latino. La cripta, probabilmente, già frequentata nel periodo paleocristiano intorno al IV – V sec. da eremiti fu successivamente riutilizzata sino al IX sec. dai monaci basiliani che la dedicarono a San Basilio, poi dai benedettini che la dedicarono a San Mauro. Tale culto rimase vivo sino al XV sec., quando questo Santo venne dimenticato e la grotta ostruita.
Dopo circa due secoli, verso il 1660, venne ripreso il culto a San Mauro e sulla cripta venne costruita una chiesa affidata ai PP. Alcantarini, che utilizzarono la cripta come luogo di sepoltura dei propri defunti. Infatti, entrando nella grotta troviamo sulla parete frontale una fossa adibita ad ossario e sul lato sinistro una serie di nicchie ad altezza d’uomo dove venivano depositati in piedi le salme dei religiosi. La cripta ha una forma rettangolare(lunga 10 mt. e larga 6 mt.) ed è affrescata solo sul lato destro dove è collocato l’altare, mentre la restante parte è completamente grezza. Nella parte centrale si trova l’affresco raffigurante S.Mauro, a cui lati sono incise le iniziali S.M., anche se si pensa che precedentemente tale figura rappresentasse S.Basilio il Grande. Altri affreschi esistenti sono la “Madonna del melograno” e la “Sacra Famiglia” , mentre più piccolo e poco visibile l’affresco del “ Cristo coronato di spine”. La cripta è stata ultimamente risanata e ripristinata al culto ad opera dei PP.Rogazionisti.
La presenza dei monaci basiliani in Oria è testimoniata, anche, attraverso presenze della civiltà rupestre con le Chiese/Cappelle di San Lorenzo, Madonna della Scala, Madonna di Gallana. Di queste ne tracceremo alcuni cenni storici.
LA CHIESA DI SAN LORENZO (sec. XVII) si trova a circa un km. a nord della città ed è riconoscibile dal campanile a vela. Fu edificata sulle rovine di una precedente chiesa dedicata a “S.Maria della Croce o della Scala” e risale al 1675. E’ ritenuta una grancia benedettina/basiliana,infatti all’ingresso del cenobio vi è l’iscrizione “Operosae quieti”. Successivamente fu risistemata per volontà del notaio oritano Giuseppe Maria Scalese, così come si rileva dalla lapide posta al suo interno. Della costruzione precedente resta la parte inferiore dell’abside oltre all’affresco della Madonna con Bambino posto sopra l’altare maggiore, e alcune colonne e capitelli marmorei. Fu giuspatronato della Curia vescovile sino al 1866,secondo la tradizione qui i Vescovi oritani indossavano i paramenti sacri e cavalcando un cavallo bianco entravano in città,dopo essersi fermati alla cripta di S.Barsanofio,per prendere possesso della Diocesi. La chiesa è a navata unica con volta a botte, impostata su archi a sesto acuto. Le pareti laterali presentano quattro arcate a tutto tondo che immettevano in cappelle, trasformate poi in vani abitativi. Sulla porta d’ingresso si apre una balconata a colonnine scolpite con decorazioni floreali, lo stesso si ripete nel parapetto a protezione della nicchia –pulpito presente sulla parete destra. Oggi la chiesa è proprietà privata della famiglia Greco e viene aperta al culto nella ricorrenza della festa, il 10 agosto di ogni anno.
LA CHIESA DI SANTA MARIA DI GALLANA (sec. VIII-IX) si trova a circa 3 km a Nord-Est della Città sul tracciato che probabilmente era la continuazione della Via Appia. Nella zona, di notevole importanza, sono stati rinvenuti una necropoli ellenistica,resti di una villa romana appartenuta alla “gens Gerelliana” e la presenza di un casale medievale,dimora dei Calogeri,nel IX sec. Attorno all’anno 1000, il casale di Gallana fu distrutto e di esso rimase solo il rudere della Chiesa. Sulle origini e sul nome della Chiesa vi sono varie leggende: secondo il Matarrelli-Pagano(storico locale) la Chiesa fu consacrata da ventidue Vescovi, tra i quali S.Turpino(?), e fu edificata dalla regina Galerana presunta moglie di Carlo Magno,allorché questi scese nell’Italia Meridionale, dietro invito di Adriano I, per cacciare l’invasione dei Longobardi e dei Saraceni nel 776 d.C. Un’altra leggenda indica la fondazione della Chiesa intorno al 1095, quando la pia matrona Galerana di Francia, venne in Puglia in pellegrinaggio,facendo voto alla Madonna di costruirle un tempio sul luogo ove si sarebbe incontrata col suo sposo, reduce dalla Palestina con la I crociata guidata da Boemondo. Quindi, si suppone che tale luogo fosse divenuto punto di raccolta dei Crociati in partenza per la Terra Santa. Notizie certe sul Casale di Gallana risalgono intorno al 1275, anno in cui Carlo D’Angiò ne concesse la signoria ad Anglesina, moglie di Guido D’Arcelle. Secondo alcuni,la Chiesa di Gallana risalirebbe al periodo di massima espansione della civiltà rupestre basiliana in Oria (VIII sec.) e il suo nome potrebbe significare “chiesa costruita da Galla” o “chiesa di Galla”, nome che rimanda ad origini francesi. Della Chiesa originaria, a croce greca, restano l’abside e parte della navata destra che risalirebbero al VI sec. Un primo intervento di restauro sarebbe avvenuto nel XII sec. , mentre verso il XIV sec., la chiesa avrebbe assunto la tipologia a croce latina. L’ultimo intervento sulla chiesa è del XVIII sec. con la ricostruzione della facciata e del campanile a vela. Oggi, la chiesa si presenta con una navata longitudinale incrociata da due navate trasversali con volte a botte. Delle navate trasversali ne rimane solo una ed in essa si ammira il magnifico “Presepe litico” del XV sec., attribuito a Stefano da Putignano. Un’abside semicircolare racchiude il presbiterio, ove è sistemata una mensa di altare,in stile barocco, con edicola raffigurante la Madonna con bambino . Intorno alle pareti della chiesa sono visibili vari affreschi in stile bizantino risalenti, forse, al XIV sec. Dopo un periodo di completo abbandono negli anni ‘80 la chiesa è stata parzialmente restaurata e consolidata con interventi a carico dello Stato, essendone il legittimo proprietario. Nel 2001 lo Stato e per esso il Ministero degli Interno-Fondo Edifici di Culto, ha dato in concessione la Chiesa alla Diocesi di Oria per l’esercizio del culto. La ricorrenza della festa si celebra il 15 agosto mentre nella notte di vigilia è usanza recarsi alla Chiesa in pellegrinaggio denominato “ti li cientu cruci”(dei cento segni di croce),dove raggiunta la Chiesa si gira intorno all’altare recitando un’antica nenia.
LA CHIESA DELLA MADONNA DELLA SCALA (sec. XIII-XIV) sorge a circa 3 Km dal centro abitato verso sud in direzione Manduria. La costruzione risale tra il XIII e il XIV sec. ed è vicina al Canale Reale, luogo ricco di caverne,grotte e laure basiliane, tra cui la chiesa rupestre di S.Ustino (oggi non più visibile per l’opera di bonifica agricola). Tale luogo era già frequentato nel V-IV sec. a.C. e riutilizzato dai monaci greci tra l’VIII e IX sec. che testimoniava la fioritura cenobitica di cui rimane, oggi, solo la Chiesa, quale punto di unione tra la cultura orientale ed occidentale. La Chiesa doveva essere, forse, un piccolo monastero benedettino vista la parte centrale rettangolare(adatta per il rito religioso latino) ed è esempio di rinnovamento spirituale e punto di riferimento per quei monaci basiliani che ad opera dei benedettini, abbandonarono il rito greco per abbracciare quello latino. L’edificio, in stile romanico, è costruito in pietra di carparo e mostra una pregevole manifattura nella nitidezza delle sue semplici linee sulla cui facciata è visibile un piccolo rosone strombato. L’interno della chiesa la cui navata centrale, con volta a sesto acuto, è tutta imbiancata di calce; nelle pareti laterali sono visibili tracce di affreschi in stile bizantino e ai lati sono presenti sedili in pietra,secondo i canoni della ritualità greca. L’abside, rimaneggiata nel XVIII sec. , è occupata da una mensa d’altare e fiancheggiata da due nicchie. I vani che si trovano ai lati sono articolati su due piani, tutti con volta a botte ad eccezione di uno con volta a stella(sec. XVIII). Interessanti sono le tracce di pitture murali delle celle superiori, raffiguranti scene dell’Antico Testamento e dell’Apocalisse quale testimonianza della tipica chiesa-eremo. La ricorrenza della festa si celebra ogni anno il terzo giovedì dopo Pasqua e, rientra in una delle tradizioni della Chiesa oritana: le Perdonanze.